marco valenti scrive

marco valenti scrive

30 dicembre 2016

Ctrl+Alt+Canc è un augurio



Ctrl+Alt+Canc


Se avete un computer non serve spiegare che il titolo alluda ad un ricominciare.

Anno nuovo, vita nuova: è questo il mio augurio e il mio auspicio. Togliersi le tossine recenti o meno e ripartire. Resettate la macchina.

Farsi tornare la voglia. Magari farsi venire voglie nuove. In ogni caso non avere pre-giudizi verso nessuno (inclusi noi stessi) per ricominciare a parlare e a vivere.

Cosa serve e come si fa?

Non è complesso ma non è banale. Serve una idea di cosa si vuole essere, di quali siano le cose per le quali vale la pena impuntarsi e, magari, lottare. Fare il punto, la quadra. Mettere dei paletti sul terreno della nostra vita personale e sociale e ripartire da lì.

Essere meno intransigenti nell’avvolgere il nastro del passato, sia proprio che altrui, e più proiettati e magari (lì sì: perbacco!) rigidi sul bersaglio che si vuole cogliere.

Intransigenti sul “from now on”, da ora in poi, da qui in avanti.

Comporta – inevitabilmente – sfumare tutte quelle rigidità con le quali abbiamo avuto a che fare con le nostre travi e con le pagliuzze altrui, o viceversa, con generosità e spirito costruttivo.

Vuol dire stendere un contratto con noi stessi e poi con chiunque lo voglia sottoscrivere. Discuterlo e mettersi in discussione con chi ha voglia di fare lo stesso.

Progettare un proprio mondo nuovo dove i motivi di esclusione siano, anche essi, nuovi e – quindi – non recriminare ulteriormente su quanto è stato oggetto delle nostre più o meno noiose e puntigliose recriminazioni.

“What if”. “What if not”. Domande legittime che ci riportano, inutilmente, a blocchi di partenza di un periodo che auspico vogliamo assolutamente lasciare nel passato.

Personale. Sociale. Politico. E’ lo stesso: non mettete una unica etichetta a quel che penso perché vorrebbe dire limitare a un pezzetto quello che vuole essere intero. Cosa stai togliendo? Coscia o petto? Io non mi auguro e non auguro a nessuno di limitare il proprio pensare.

Come chiunque altro ho una sfera intima, una personale. In queste voglio avere un progetto e accompagnarmi a chi lo facilita o lo condivide: possibilmente rifuggire e combattere chi lo ostacola o non lo condivide.
Lo stesso nella mia sfera pubblica, sociale, politica. 
E’ la stessa cosa e sono pronto a discuterne per costruirla con altri.

Auguro a ciascuno di poter rendicontare ogni scelta fatta mantenendo la testa alta e lo sguardo diritto, ovviamente, ma non ho intenzione di essere un inquisitore. Non con te, non con me. Perché non è importante. Non conta.

Non importa.

Non soddisfa l’urgenza delle domande importanti.
Come voglio essere; cosa voglio fare; come voglio vivere; dove voglio vivere; chi condivide i miei percorsi e le mie mete.

Da oggi in poi
è quello che importa.
Per andare dove
è quello che importa.
Per fare cosa e per essere che cosa
è quello che importa.

Punto.

Averlo chiaro è quello che conta: se qualcuno verrà con me non gli chiederò da dove viene ma sarò felice di un pezzo di strada non solitario.


Comunque vada io andrò.


Così spero di te.

24 dicembre 2016

Una storia di Natale






Una storia di Natale

La stanza era piccola, illuminata da una plafoniera al neon al centro del soffitto, senza finestre.
Per un momento si sentì soltanto il ronzio del termoconvettore, mentre le tre persone presenti si studiavano con gli sguardi dopo che la prima parte della discussione era finita.
La signora era seduta al centro della stanza, le mani in grembo e le punte delle dita che si accarezzavano con movimenti nervosi; l’uomo con i capelli brizzolati dietro la spoglia scrivania di fronte alla donna aspettava che questa parlasse; il ragazzo in divisa in piedi dietro la donna.
Il ragazzo guardava l’uomo con aria rassegnata; l’uomo incrociò il suo sguardo, giocherellò con una penna bic, poi fissò la donna che aveva il capo chinato e infine l’oggetto.

23 dicembre 2016

Frammenti di discorso da fine anno




Frammenti di discorso di fine anno a reti unificate

 
Stavo prendendo appunti per un discorso di fine anno e di auspicio di un 2017 migliore, ero pieno di foglietti, di pizzini mandati a me medesimo, di ritagli di articoli di giornale, di frammenti di sms, commenti su facebook. Cercavo di mantenermi concentrato bevendo caffè. Alla fine mi sono detto che non avrei fatto audience neanche a reti unificate e ho rinunciato. Restano frammenti. Sfusi. Auguri sparsi dove solo chi ha volontà può provare a dare un nesso. Trascrivo qualcosa.


Auguri a voi e a me.
Auguri di essere nomadi nei pensieri e radicati nei buoni sentimenti.

Saper cambiare idee restando fedeli agli ideali.

Plurali e accurati nell’informarsi. Attenti e rispettosi nell’ascolto.
Ascoltare, chi argomenta meglio e non chi grida più sguaiatamente, a prescindere da quale sia il suo punto di vista.

“Chi sa ascoltare non solo è simpatico a tutti ma a volte finisce per imparare qualcosa”(cit.)

Maniacali nell’approfondimento e nello studio dei fatti: attenti alle fonti di ogni informazione.

Infastiditi dalle volgarità e dagli insulti (a prescindere sia da chi li pronuncia sia da a chi sono rivolti) ma pronti sia alle critiche che alle canzonature.

Un po’ più arguti e molto meno furbetti.
Senza paure di parlare ma prudenti, attenti, nel linguaggio che si adopera e alle conseguenze di ciò che si afferma.


Auguri di uscire fuori, di trovare aria buona da respirare, di scegliere di staccarsi di più da media e social media, di renderci – ogni tanto – vacanti. Magari con un buon libro da leggere.
Lasciare la segreteria telefonica, essere irreperibili (possibilmente irreprensibili), uscire dal coro, dal gruppo, dalla conversazione di gruppo whatsapp.

Auguri di mettere le cose in ordine secondo priorità per dare più valore al tempo.

 
Duri, mai violenti, senza perdere la tenerezza. Un po’ meno bruschi, magari: meno trancianti.

Auguri di assolvere al dovere di perseguire la propria felicità senza rendere infelice nessun altro.

Più leggeri però. Quella leggerezza di Italo Calvino.

 


Leggere libri, ascoltare musica, guardare mostre. Crescere dentro.

Coltivare vere amicizie.
Essere innamorati.

Ecco.
Cose così.
Però dal profondo del cuore.

Auguri!
Marco Valenti

22 dicembre 2016

Anno bisestile





ANNO BISESTILE

Ieri sera sono riuscito a spiegare ad un amico il mio anno bisestile scherzando al telefono: non ci sentivamo da un po’.
Trascrivo parte della telefonata, per capirci.

Amico: “Come va con il fisioterapista che ti ho consigliato?”
Io: “E’ bravissimo ma tra ginocchio e collo del piede ci vorrà ancora parecchio tempo”

“Certo aver trascurato l’incidente in vespa di fine giugno e averlo affrontato solo da settembre deve aver complicato le cose”
“Hai ragione. Cosa vuoi che ti dica? Un anno di contrattempi”

“Va be’, dai. Che altro ti capita?”

“Ma, per dire, oggi ho preso una multa sotto l’ufficio. Avevo – prima e unica volta – lasciato la Vespa sul marciapiede…”
“Capita”
“L’avevo parcheggiata regolarmente stamattina. Poi sono dovuto uscire e quando sono tornato non c’era posto manco a morire quando sono tornato alle due”

“Mannaggia”

“Sono dovuto andare sul Lungotevere per far vedere la Vespa al perito dell’assicurazione”
“Cioè?”
“Mi hanno tamponato (un altro scooter) mentre ero fermo in fila sulla Via Nomentana, per andare in ufficio il primo di Dicembre”
“Un altro incidente?”
“Già. Non ho colpa. Mi hanno tamponato da fermo”
“Sfiga!”

“Andavo piano, comunque, come e più del solito, perché ero pure un po’ stanco. Avevo dormito poco”
“Come mai?”
“Perché la notte prima ero stato sveglio dalle tre alla sette”
“Cioè?”
“Già. Alle tre mi sono svegliato perché pioveva. Pioveva dal soffitto in camera da letto e in soggiorno. Stavano facendo dei lavori al piano di sopra e di notte si è allagata casa per una perdita dell’impianto dei termosifoni”
“Ma dai! Come è possibile?”
“Avevano staccato i radiatori e chiuso con delle valvole. Ma abbiamo un sistema per cui se la temperatura va sotto lo zero l’impianto centralizzato parte per non far ghiacciare l’acqua nelle tubature e le valvole sono saltate. Ho tolto acqua e spostato libri, quadri, oggetti. Ho una parte con la muffa e due soffitti da ridipingere.”

“E che cavolo! Altro?”
“Parecchie altre cose ma mi fermo qui. Non vorrei annoiarti”
“Una buona notizia? No?”

Sì. L’anno bisestile sta finendo.
A giorni è Natale. Non sono affetto da alcuna superstizione, ovviamente, ma sai cosa diceva Eduardo sulla superstizione?

Essere superstiziosi è da stupidi ma non esserlo porta male.

(Auguri a tutti!).

20 dicembre 2016

Il naso (parte 1 di 2)


Questo mio racconto faceva parte di "Cinque canti di separazione" (fuori catalogo): vorrei condividerlo. Viene diviso in due parti per facilitarne la lettura via web.

Marco Valenti


IL NASO



La prima volta non ci fece caso.
Stava tornando a casa dal lavoro divorato dal traffico caotico del venerdì sera, quello che somma indistintamente i rientri con le uscite, operai e impiegati stanchi con più abbienti in fuga per la serata o per tutto il fine settimana. Pensava a lei e la sua assenza riempiva il tragitto e rendeva sopportabili le lunghe code di automobili e secondario il disagio automobilistico.
Antonella in primo piano, il suo sorriso e i suoi occhi intensi avidi di lui: tra i due frammenti, nell’ovale regolare del viso un’assenza.

Arrivato a casa si spogliò di cravatta e camicia e saccheggiò di birra gelata il frigorifero; i sorsi lunghi e voraci gli provocarono un singhiozzo esasperante con conseguente tasso di nervi in crescita. Accartocciò il pacchetto di sigarette vuoto e ne aprì subito un altro.
Accese e la rivide nell’atto di accendere due sigarette e porgergliene una espirandogli addosso una nuvola azzurra. Le sue labbra ridotte a poco più che un cerchio dall’espressione del tirar fuori il fumo, la testa a scuotere i lunghi capelli neri. La mano sinistra che porge la sigaretta, la destra che passa sulla tempia e tira indietro i capelli appena scossi. L’orecchia regolare e tonda, la mano lunga e grande. Di nuovo un indefinito, stavolta percettibile. Ripensò a lei che sorrideva, ripassò con sofferenza i suoi lineamenti scossi nei loro amplessi abissali, l’abbronzatura delle settimane a sciare quanto il pallore delle sere affaticate con gli occhi incavati da occhiaie da troppo lavoro: ovunque colse lo stesso vuoto.
Lorenzo non trovava il suo naso.
Un industriale ed industrioso ricorso alle birre dal frigo, frammezzato appena da qualche fetta di pane in cassetta, liscio, lo ricondusse a minimizzare la cosa e a perdersi piuttosto dietro alle ferite della sua uscita di scena.
Me ne vado, aveva detto lei, e quando stasera tornerai non sarò più qui. Otto mesi fa. Una discussione come un’altra, aveva pensato lui, è almeno una quindicina di giorni che è strana, irascibile che non si sa come prenderla; stasera torno e si fa pace. Le parole di lei gli erano parse poco più che uno scherzo

15 dicembre 2016

La guerra dentro

"edit" 2016
Invio nuovamente un caldissimo "consiglio per gli acquisti" di un libro che, fin da quando lo ho letto nel 2014 trovavo - e trovo - fondamentale per capire la Siria e Aleppo. Se preferite (oggi) quel che resta di Aleppo. Nel mio Blog parlo anche di libri e anche di questioni sociali e questo post era, è e sarà sempre un post importante per me. dovrebbe esserlo stato, esserlo, per chiunque. Ma poi - per dire - "è solo un libro". Fate buone letture.


La  guerra dentro

Francesca Borri

BOMPIANI

Anno di pubblicazione 2014


ISBN 978-88-452-76941




L’autrice  Francesca Borri, nata nel 1980 ha lavorato in Medio Oriente come specialista in diritti umani.  Nel febbraio 2012 ha deciso di raccontare la guerra in Siria, stando ad Aleppo per parecchi mesi, come reporter freelance. Malpagata, non protetta, poco ascoltata.


«BOMBARDAVANO TUTTO, E IO ERO LI’ IN UN ANGOLO CON QUEST’ARIA – CHE ALTRA ARIA PUOI AVERE SE FORSE TRA UN MINUTO MUORI? – E JONATHAN MI SQUADRA E MI FA: “QUESTO NON E’ UN POSTO PER DONNE”. A UNO COSI’ MA CHE VUOI DIGLI? “IDIOTA: QUESTO NON E’ UN POSTO PER NESSUNO” »


Questo libro è più vero di quanto la maggior parte di noi sappia, o presuma di sapere, sulla guerra, sulla Siria e sui siriani. Racconta l’orrore meglio di troppi saggi scritti da politologi ed esperti che non hanno mai visto con i loro occhi. 
Questo libro può essere i nostri occhi e il nostro cuore che si aprono, ma l’avvertenza è d’obbligo: dopo averlo letto non si possono più chiudere. Non si può fare come se non l’avessimo letto e non basta ammirare il coraggio di chi lo ha scritto.
E’ un libro importante, che credo possa essere una testimonianza essenziale se si vuole (provare a) comprendere veramente la guerra in Siria, se si ha voglia di avere coraggio e aprire gli occhi sul medio oriente, su Aleppo, su Assad. Se si ha il coraggio di guardare oltre le foto che impietosiscono, l’informazione che non informa più oltre il pressapochismo e il sensazionalismo dei titoli a effetto, i luoghi comuni che fanno comodo al mondo che ci sovrasta e ci manipola e – in fondo – anche a noi.

È uno sguardo partecipato e attento sulla guerra e sulle guerre, sulla verità separata dalle convenienze, sull’informazione che ci viene propinata e sulla formazione della nostra coscienza di esseri umani.
Un accorato e accurato parziale squarcio di verità come un sasso in uno stagno paludoso dove la verità non ci interessa più perché ci sentiamo rassicurati, progressisti e dalla parte del giusto, per molto meno.

Un libro che si colloca tra “Se questo è un uomo” e “Trilogia della città di K”. Un libro che non scende a compromessi. Mai.


Il 21 agosto 201 3 un attacco chimico alla periferia di Damasco ricorda al mondo l'esistenza della guerra in Siria, già in corso da due anni. L'intervento occidentale sembra imminente, decine di giornalisti accorrono alla frontiera per poi sparire delusi quando Obama decide di non bombardare. Lasciano dietro di sé 1 26.000 vittime accertate, 200.000 stimate, e oltre metà della popolazione sfollata o rifugiata nei paesi vicini: secondo le Nazioni Unite, la peggiore crisi umanitaria dai tempi della seconda guerra mondiale. Francesca Borri copre per mesi la battaglia di Aleppo da reporter freelance e capisce presto di trovarsi su un duplice fronte: quello di una guerra senza regole, dove non esiste alcuna distinzione tra civili e combattenti, ma anche il fronte quotidiano dei rapporti con i caporedattori e gli altri giornalisti, in cui dominano cinismo, competizione, superficialità. Un viaggio nella guerra, ma anche nei meccanismi a noi nascosti con cui viene costruito, e spesso distorto, il suo racconto. Un viaggio che investe come un colpo di mortaio tutto quello in cui crediamo, il lavoro, l'amicizia, le ambizioni, e ci costringe a non sprecare più niente della bellezza della vita.

21 novembre 2016

René Magritte



Il 21 novembre 1898 nasce in Belgio René Magritte.


I suoi quadri mi hanno accompagnato nel diventare adulto e mi hanno fatto sognare diversamente da come avrei fatto se non li avessi visti.



Oggi  mi va di ricordarmelo e raccontarvelo.




http://it.wikipedia.org/wiki/Ren%C3%A9_Magritte





La canzone di Paul Simon è bellissima.



Rene and Georgette Magritte
With their dog after the war
Returned to their hotel suite
And they unlocked the door
Easily losing their evening clothes
They danced by the light of the moon
To the Penguins, the Moonglows
The Orioles, and The Five Satins
The deep forbidden music
They'd been longing for
Rene and Georgette Magritte
With their dog after the war

Rene and Georgette Magritte
With their dog after the war
Were strolling down Christopher Street
When they stopped in a men's store
With all of the mannequins dressed in the style
That brought tears to their immigrant eyes
Just like The Penguins, the Moonglows
The Orioles, and The Five Satins
The easy stream of laughter
Flowing through the air
Rene and Georgette Magritte
With their dog apres la guerre


Side by side
They fell asleep
Decades gliding by like Indians
Time is cheap
When they wake up they will find
All their personal belongings
Have intertwined
Oh Rene and Georgette Magritte
With their dog after the war
Were dining with the power elite
And they looked in their bedroom drawer
And what do you think
They have hidden away
In the cabinet cold of their hearts?


The Penguins, the Moonglows
The Orioles, and The Five Satins
For now and ever after
As it was before
Rene and Georgette Magritte
With their dog after the war

14 novembre 2016

Sinìst-Dest; Sinìst-Dest; Passo!



"Tutti noi ce la prendiamo con la storia 
ma io dico che la colpa è nostra 
è evidente che la gente è poco seria 
quando parla di sinistra o destra. 

Ma cos'è la destra cos'è la sinistra?"





Qualcuno, impropriamente, sta affermando che “destra” e “sinistra” siano categorie rimaste nello scorso millennio.

Forse lo sono le ideologie.
Certamente non lo sono le idee e, soprattutto, le politiche. 
Fatta salva la cosiddetta “destra sociale” che ha sempre avuto il mio rispetto e diverse forme di cattolicesimo genuinamente volto al sociale e al contrasto della povertà, le politiche sono sempre state, sono e saranno sempre collocabili in uno spettro che va dalla estrema destra alla estrema sinistra.

Non è un caso che negli ultimi decenni nel nostro Paese abbiamo avuto governi di Centrodestra o di Centro-Sinistra (con o senza trattino); governi che, secondo i casi, hanno attuato politiche e misure più o meno orientate in un senso o nell’altro.

Orbene anche fuori dalle ideologie comunista o socialista possono esistere politiche di sinistra: che gli interpreti, i fautori, i proponenti, di queste misure “un po’ più di sinistra” o “connaturate come di sinistra” siano personalmente credibili e quanto siano in grado di convincere il cosiddetto corpo elettorale (la gente, la pancia delle persone, la maggioranza del consenso) è un altro discorso.

Sarebbe come dire non appena usciti dal teatro: “Bellissimo testo ma gli attori erano dei cani!”. Ciascuno di noi avrà simpatie e antipatie ma spero che qualcuno voglia ancora discernere la bontà del vino dalla carineria dell’oste: potremmo venire avvelenati da un pessimo vino perché propinatoci da uno straordinario affascinante affabulatore.

La personalizzazione della politica (principalmente nel leader e in secondo luogo negli individui di spicco della sua compagine) è stata, ed è, infausta. 
Guardiamo l'Oste e non pensiamo alla bontà del vino che ci offre. 
Se la prendiamo da questo verso, sbagliando, ritengo sinceramente impossibile non trovare sia "brutti" che "belli" in ogni rassembramento politico e mi pare puerile e improprio andare a contendere su questo. A dirla fino in fondo mi sembra un po' cretino ma può darsi che ci siamo progressivamente rimbecilliti tutti.
Sarà cominciata quando ero solo un ragazzo e si denigrava Berlinguer dicendo che era ricco e "possedeva mezza Sardegna"? O forse nelle sfide mediatiche continue tra Tizio e Caio. Sarebbe interessante approfondire ma non è quello che mi interessa (qui e ora).

Torniamo alle cose, che sono come sono: provo a definire qualcosa di sinistra e, per contrasto, sarà chiaro ciò che non essendolo può essere considerato di destra. 
Ripeterò qualcosa che ho già detto e scritto: a giustificazione posso solo dire che se alcune cose le reputavo sinceramente di sinistra non ho cambiato idea.

Già la prima basterebbe, ma se le leggerete tutte mi fa piacere.


Tassare di meno il lavoro e di più le rendite per livellare il punto di partenza di ogni cittadino.

Tassazioni modulate e 
feroce lotta alla evasione e alla elusione. 
Tutela del lavoro e dei lavoratori.
Tutela dei più deboli, bambini, anziani e malati.



Investire nella istruzione pubblica e nella ricerca prima di favorire la scuola privata.

Regolare il mercato anche attraverso liberalizzazioni e semplificazioni ma mantenendo rigorosamente pubbliche l’aria, l’acqua, i servizi essenziali per i cittadini.

Energia pulita e trasporti pubblici efficienti.

Diritti civili a prescindere dal credo politico o dalle identità sessuali. Integrazione e inclusione dei migranti.

Chi nasce in Italia è italiano.
 Mediazione nei contrasti internazionali subito e non quando è tardi. 
Visione ideale di uno stato sociale europeo e degli Stati Uniti d’Europa con obbligo di moneta unica e politiche fiscali, monetarie ed estere comuni.
Libertà della circolazione delle idee, delle persone, delle merci. 
Sentirsi parte di una collettività per cui non è pensabile abbandonare nessuno a vantaggio magari di una minoranza fortunata. 
Sentirsi rappresentati non da “un uomo al comando” ma da “una squadra di governo” in un sistema democratico in grado di rappresentare nel miglior modo possibile il volere sovrano dei cittadini.
Lasciare in maggior spazio possibile ai cittadini e alle loro associazioni, al terzo settore, al volontariato, perché siano non soltanto informati ma anche ascoltati e coinvolti nei processi decisionali e nelle cose da fare.
“Dare a ognuno secondo il suo bisogno e prendere da ognuno secondo le sue possibilità”.
Tutte queste cose (e molte altre ancora) appartengono ad una visione “di sinistra” che necessita di interpreti e di politiche consequenziali. Chiaro che "gli interpreti" debbano avere modi efficaci e mezzi adeguati per spiegare le proprie idee, poterle argomentare con calma, coinvolgere intorno a queste idee le persone.
Chiunque può misurare l’azione di qualsiasi governo di qualsiasi Paese e vedere se attua politiche di sinistra o di destra.

Per capirci: la riforma sanitaria di Obama è stata di sinistra.
Per capirci: aver tolto qualsiasi forma di tassazione sulla casa è di destra.


Consideratele idee personali di chi scrive. Ragionateci se volete. 
Tornando all’esempio precedente non sono un oste e non ho vino da vendere. Un bicchiere da offrire agli amici c’è sempre, ma non sto vendendo nulla: come sempre nel mio blog – che rimane assolutamente generalista e non tematico – dico cose che ho voglia di dire e non potrò mai essere un politico, sia per raggiunti limiti di età che  per l'incredibile moltitudine di politici energici, giovani, straordinariamente preparati e molto
 ma molto più intelligenti di me.



post scriptum: che la canzone di Gaber "destra sinistra" la ho sempre considerata una geniale ironia l'avevo già detto?

Fare il bagno nella vasca è di destra  far la doccia invece è di sinistra
un pacchetto di Marlboro è di destra  di contrabbando è di sinistra.
Ma cos'è la destra cos'è la sinistra...
Una bella minestrina è di destra  il minestrone è sempre di sinistra
tutti i films che fanno oggi son di destra  se annoiano son di sinistra.
Ma cos'è la destra cos'è la sinistra...
Le scarpette da ginnastica o da tennis  hanno ancora un gusto un po' di destra
ma portarle tutte sporche e un po' slacciate  è da scemi più che di sinistra.
Ma cos'è la destra cos'è la sinistra...

I blue-jeans che sono un segno di sinistra  con la giacca vanno verso destra
il concerto nello stadio è di sinistra i prezzi sono un po' di destra.
Ma cos'è la destra cos'è la sinistra...
I collant son quasi sempre di sinistra  il reggicalze è più che mai di destra
la pisciata in compagnia è di sinistra  il cesso è sempre in fondo a destra.
Ma cos'è la destra cos'è la sinistra...
La piscina bella azzurra e trasparente è evidente che sia un po' di destra
mentre i fiumi, tutti i laghi e anche il mare  sono di merda più che sinistra.
Ma cos'è la destra cos'è la sinistra...

L'ideologia, l'ideologia
malgrado tutto credo ancora che ci sia
è la passione, l'ossessione
della tua diversità
che al momento dove è andata non si sa
dove non si sa, dove non si sa.

Io direi che il culatello è di destra la mortadella è di sinistra
se la cioccolata svizzera è di destra la Nutella è ancora di sinistra.
Ma cos'è la destra cos'è la sinistra...
Il pensiero liberale è di destra ora è buono anche per la sinistra
non si sa se la fortuna sia di destra la sfiga è sempre di sinistra.
Ma cos'è la destra cos'è la sinistra...
Il saluto vigoroso a pugno chiuso è un antico gesto di sinistra
quello un po' degli anni '20, un po' romano è da stronzi oltre che di destra.
Ma cos'è la destra cos'è la sinistra...
Tutto il vecchio moralismo è di sinistra  la mancanza di morale è a destra
anche il Papa ultimamente è un po' a sinistra  è il demonio che ora è andato a destra.
Ma cos'è la destra cos'è la sinistra...
La risposta delle masse è di sinistra con un lieve cedimento a destra
son sicuro che il bastardo è di sinistra il figlio di puttana è di destra.
Ma cos'è la destra cos'è la sinistra...
Una donna emancipata è di sinistra riservata è già un po' più di destra
ma un figone resta sempre un'attrazione che va bene per sinistra e destra.
Ma cos'è la destra cos'è la sinistra...

Tutti noi ce la prendiamo con la storia ma io dico che la colpa è nostra
è evidente che la gente è poco seria quando parla di sinistra o destra.

Ma cos'è la destra cos'è la sinistra...
Ma cos'è la destra cos'è la sinistra...

Destra-sinistra 



11 novembre 2016

Esagerazioni sulla resilienza




Si fa un gran parlare del termine resilienza, mutuato dal mondo della meccanica, e lo si propone come valore in ambiti totalmente nuovi.
La resilienza di una città, o di un popolo, o di un individuo.
La capacità di resistere alle sollecitazioni, alle avversità, e quella di adattarsi alle mutate situazioni.

Tutto questo è considerato sempre più come qualcosa di positivo, di meritorio, e si moltiplicano articoli, saggi e convegni che lodano chi è resiliente e invitano tutti alla resilienza.

Francamente, nella migliore delle ipotesi, siamo di fronte ad un fraintendimento.

17 maggio 2016

Lei

A volte le parole e la musica già ci sono.
Basta rammentarle. Grazie Elvis.




Lei puo esere il viso che non posso dimenticare La scia di piacere o di rimpianto Può essere il mio tesoro o il prezzo da pagare Lei può essere la musica cantata d’estate Può essere il freddo portato dall’autunno 
Può essere centinaia di cose differenti Come il misurare del tempo di un giorno
Lei può essere la bella o la bestia Può essere la fame o l'abbondanza 
Può cambiare ogni giorno nel paradiso o nell’inferno Lei può essere lo specchio dei miei sogni Il sorrido riflesso in un torrente Le puo non essere quello che sembra essere dentro al suo guscio
Lei che sembra sempre felice fra la gente I suoi occhi possono essere cosi lucidi e cosi fieri Nessuno ha il permesso di vederli quando piangono Lei può essere l'amore che é troppo sperare che duri 
Forse viene da me dall'ombra del passato Ma la voglio ricordare fino al giorno in cui morirò  

Lei può essere la ragione per la quale sopravvivo Il motivo e il fine della mia vita Quella di cui voglio prendermi cura durante gli anni difficili 
Io, voglio prendere il suo sorriso e le sue lacrime E farne miei souvenirs Dove lei va io ci voglio essere Il significato della mia vita è lei.
Lei.










She may be the face I can't forget
The trace of pleasure or regret
May be my treasure or the price I have to pay
She may be the song that summer sings
Maybe the chill that autumn brings
Maybe a hundred different things
Within the measure of a day
She may be the beauty or the beast
May be the famine or the feast
May turn each day into a Heaven or a Hell
She may be the mirror of my dreams
A smile reflected in a stream
She may not be what she may seem
Inside her shell
She, who always seems so happy in a crowd
Whose eyes can be so private and so proud
No one's allowed to see them when they cry
She may be the love that cannot hope to last
May come to me from shadows in the past
That I remember 'till the day I die
She maybe the reason I survive
The why and wherefore I'm alive
The one I'll care for through the rough in many years

She…

4 aprile 2016

Le città invisibili


L'illlustrazione è di Marta D'Asario


La rivista di letteratura IL COLOPHON, (puoi cliccare e la vedi)  di Antonio Tombolini Editore, ha un titolo - un tema - per ogni numero.
Il sesto numero ha titolo LE CITTA' INVISIBILI e se ci andate avrete parecchie cose interessanti da leggere: articoli, interviste, racconti brevi.
Si viaggia dalla Marsiglia di Izzo alla San Francisco di Baricco, da Torino letteraria a Palermo di Sellerio o a Pavia di Mino Milani.
Ce ne è per tutti.
Certamente sto tralasciando qualche città citata e qualcosa di bello di questo numero della rivista.

"Le città invisibili"...
La somma di tutte le città e della loro poesia.

Proprio a me hanno dato il piacere infinito di scrivere del libro che ha offerto il suo titolo a questo numero de Il colophon.
Dato che "Le città invisibili" di Italo Calvino è sul mio comodino da più

3 marzo 2016

il numero ottanta





Nr. 80

Essendo un viaggiatore imperfetto
e ansioso indipendentemente dal viaggio
mi ero ritrovato a pianificare un banale percorso in autobus.

Allerta meteo
(esagerata) su Roma e necessità di muovermi
da Montesacro a Piazza Monte Citorio
lasciando la fidata Vespa a casa.

Abitando in una delle capitali europee
(e avendo tempo per arrivare all’appuntamento)
si possono fare le cose con serena calma.

Volendo evitare cambi di mezzo vedo che l’autobus numero 80 può condurmi da Piazzale Jonio a Piazza San Silvestro: trecento metri a piedi per arrivare alla fermata di partenza e altrettanti all’arrivo.

Esco alle 8 e 40, mi fermo ad acquistare i biglietti e a prendere un caffè e alla 9 spaccate sono alla fermata.

Ometto la sequenza di pensieri che hanno attraversato la mia mente fino all’arrivo del mio autobus, numero 80, dopo quarantacinque minuti di attesa.

Sbizzarritevi pure immaginando.

Ovviamente l’unica differenza tra noi passeggeri dentro l’autobus e una scatola di sardine sott’olio era l’assenza di olio nel mezzo pubblico.

Sono arrivato al mio appuntamento di lavoro alle 10 e 45: due ore e cinque minuti dopo l’uscita da casa.

Google map mi dice che a piedi sarebbe stato un tragitto di 7,3 km e aggiunge che il tempo di percorrenza stimato è inferiore alle due ore. A piedi.

Se per andare dal punto A al punto B, distanti 7.300 metri ci si mette di meno a piedi che con i mezzi pubblici c’è un problema. O no?

Io potrò risolverlo usando la Vespa anche con pioggia e grandine ma resta un problema.

Se ne sentono tante in giro sui motivi dei disservizi del trasporto pubblico locale nella capitale d’Italia e non sta a me riportare voci; legittimamente però posso denunciare che il servizio non è da paese civile.

Sono legittimato ad essere arrabbiato?