marco valenti scrive

marco valenti scrive

24 novembre 2014

ci sono momenti





Ci sono momenti


Quella sera  in giardino  rifletté su come ci siano dei momenti che tracciano confini importanti.
Possono essere fatti accaduti, come volti, come canzoni sospese, come lacrime, e sono gli stessi limiti di un’area da gioco, la zolla d’erba di un campo di calcio strisciata di gesso bianco.
Dentro; fuori.
Non si tratta di faticose elucubrazioni e neppure di dimostrazioni filosofico matematiche piene di passaggi per arrivare a tesi: sono istanti.
Non contano scricchiolii percepiti o piccole scosse di avvertimento ma lo schianto. Magari dopo il momento che ha tracciato il confine ci si prende del tempo per ragionarci sopra o per fortificare quel confine o giustificarselo o anche presidiarlo ma quello sta lì, come un nuovo fiume profondo.
Non è importante allora neppure l’oggetto che ha tracciato il confine, il campo o il limite: conta la consapevolezza e l’accettazione. Da quel momento in poi sai e accetti che c’è chi gioca e chi non, chi c’è in squadra e chi vivrà per sempre in panchina.
Quella sera in giardino, in questa metafora calcistica, lui fece la sua formazione tipo, come un allenatore che deve giocare una partita, e relegò gli altri in panchina o in tribuna.
Si tira una bella linea tra i buoni e i cattivi, tra i tuoi e gli altri, e non ti importa più un accidenti di quelli che sono dall’altra parte perché non sono tuoi. Accetti che non ti appartengano; te ne fai una ragione o, ancora meglio, non ne ricerchi più il motivo ma con semplicità constati che non ci sono.
Tutto quel che hai fatto prima di quell’istante per conquistare il mondo ed esserne accettato e amato, accettando e amando, smette di avere lo stesso significato.
Così trovi la tua calma e la tua forza interiore, ci stai bene dentro e hai più chiara la percezione delle distanze tra te e le altre persone o, se ci sono, la loro prossimità.
Lui, che aveva combattuto una lunga guerra di trincea, aveva fatto quel che si doveva fare e lo aveva fatto per un tempo amaro e lungo.
La morte di Giovanni era la pace, non una resa, ed era l’istante ed era il solco.
Le reazioni, le manifestazioni di cordoglio, la prossimità; le assenze, le teste girate dall’altra parte, le frasi di circostanza prive di sentimento, le mancanze; ogni cosa apparve serenamente limpida già dalle prime ore dopo la morte, al funerale, nei giorni che seguirono.
Per lui tutto fu pace e ogni cosa fu valutata in modo partigiano e in modo esatto.
Esatto: participio passato del verbo esigere. Riscosse quel che venne dato e lo pesò. Un cuore addolorato di un grande dolore ha, nel pesare, la lucidità e l’esattezza di un mercante.
Fu un guerriero dopo il conflitto. Stanco ma mai stordito, conscio, straordinariamente vigile, vide ogni reazione degli altri e annotò ogni assenza così come seppe vedere ogni diversa modalità di presenza.

Ci furono modi diversi sia nel palesarsi che nel rimanere nascosti, con tutte le declinazioni moderne a sommarsi alle più consuete: la presenza di persona, le telefonate, i telegrammi, i messaggi di posta elettronica, i messaggi nei cosiddetti social forum. Tutto questo come l’assenza di tutto questo.
Al netto delle convenzioni Luca annotò ogni gesto e ogni mancanza di gestualità e con una ferocia esatta, rivolta per prima verso se stesso e le proprie pregresse convenzioni. Dispose ognuno nello scacchiere delle persone conosciute. Bianchi. Neri. Re, regine, pedoni, caselle vuote bianche e caselle vuote nere.

Alla fine della sua guerra non perdonò nulla a nessuno e l’unica concessione che lasciò al mondo fu quella di poter scalare con una giusta flessibilità la sostanza dalla forma. Anni prima dell’evento per la società come era strutturata la forma era sostanza e, certamente, qualcuno si mosse a condoglianza secondo quello schema netto da ipocrisie: qualcun altro meno.
Gioì di alcune forme e di parecchie sostanze manifestategli ma, con altrettanta intensità, volle classificare le assenze e stigmatizzare il disgusto per alcune manifestazioni di pura formalità. Non ci fu una sola cosa che non accettò e non smise di voler bene ma seppe per sempre chi non lo amava; assaporò il dolce e l’amaro e riconobbe gli ipocriti.

Niente è come era durante la guerra e niente potrà mai essere come era prima che la guerra iniziasse.


estratto da: RIP - Marco Valenti (2014) 
Romanzo per la collana di narrativa Officina Marziani 
Antonio Tombolini editore

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