marco valenti scrive

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3 maggio 2014

Pelù, Berlinguer e i tempi moderni




Quando ero ragazzo ho votato per Berlinguer e per il suo partito. Oggi si direbbe che sto facendo outing.

All’epoca si muoveva la critica, da parte di chi non aveva simpatia per Enrico Berlinguer e per il Partito Comunista italiano, che il segretario non avesse titolo a rappresentare gli interessi delle classi lavoratrici e del comunismo per un motivo che provo a sintetizzare così: “Berlinguer c’ha mezza Sardegna”.
Il senso era che poiché Enrico Berlinguer era un possidente e aveva proprietà diffuse nella sua Regione non poteva essere comunista (“la proprietà privata è un furto”) e non poteva avere titolo a rappresentare il Partito e contrastare il governo democristiano.

All’epoca ci ragionai. 
Malgrado fossi giovane ragionavo molto. 

Non ho mai saputo quali fossero le fortune economiche di Berlinguer ma non mi pento di averlo votato e credo che quello che diceva fosse giusto.

L’attacco era uno slogan che, a mio parere, non aveva fondamenti ostativi alla attività politica del soggetto in questione.
Era uno slogan che oggi definiremmo populista e di facile presa ma che sottintendeva un ragionamento politico.

Sono passati molti anni.

Gli slogan e le frasi ad effetto hanno la loro importanza. Sono efficaci e lasciano il segno.

Non ho nulla contro gli slogan e tornando all’esempio che ho fatto credo che chiunque abbia diritto ad avere idee sociali e politiche e a professarle liberamente.
Auspico che questo avvenga civilmente e fuori da disposizioni e atteggiamenti censori.
Auspico poter parlare di frasi e slogan (anche mediante frasi e slogan) e di poter ragionare sempre su quello che c’è dietro lo slogan. 
Se dietro non c’è un pensiero consapevole difendibile è impossibile dialogare. 

Non è sulle frasi fatte o sugli slogan o sulle parolacce che si può ragionare: serve parlare di pensieri articolati e saper articolare compiutamente le proprie argomentazioni. 

Servirebbe dialogare a qualsiasi livello: disperatamente e ostinatamente.

Al concerto del primo maggio, a Roma, il cantante Piero Pelù ha detto – dal palco – che l’attuale Presidente del Consiglio dei Ministri (Matteo Renzi) è “Il boy scout di Gelli”.
 Considerando che Licio Gelli era il capo di una loggia massonica coperta (la P2) e che viene considerato architetto di notevoli nefandezze di ordine politico e di potere la frase era chiaramente offensiva.

La risposta di alcuni esponenti del partito del Premier (partito erede di quel P.C.I di Enrico Berlinguer) è stato che Pelù è un milionario e che non sa quel che dice, che essendo ricco non ha titolo ad attaccare il Premier, che non rappresenta “la gente” e che facesse il cantante e pensasse a cantare. 
Una serie abbastanza copiosa di critiche.

Io non so se Piero Pelù sia ricco o ricchissimo e magari possegga mezza Sardegna (o un quarto di Toscana) ma quel che vorrei chiarire è che non può essere questo il problema o il campo dei ragionamenti.

Battute contro il Presidente di turno dal concerto del primo maggio ce ne sono state sempre e spesso sono state feroci.
Rispondere che “Dovrebbe stare zitto perché è ricco” mi riporta a Berlinguer.

Sono francamente persuaso che la maggioranza dei miei compatrioti sia stupida (resa instupidita) e che dietro a slogan e frasi ci sia pochino ma spero che una piccola minoranza abbia seguito quel che ho scritto.

Oggi la Pagina Facebook Berlinguer festeggia l’aver raggiunto 400.000 Like.


Tempi moderni.

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