marco valenti scrive

marco valenti scrive

23 maggio 2012

La teoria della bottiglia

Ciascuno di noi è una bottiglia. Più o meno pieno di cose, da fare e da dire, di bisogno di esternare e comunicare con le altre bottiglie.





Nella formazione cresciamo, da bottiglietta da trentatré centilitri a fiasco da un litro o da un litro e mezzo. Quella è la capacità. Capacità di contenere, di produrre, di offrire, di relazionarsi col mondo liquido che ci circonda.


Adulti facciamo i conti con periodi di disagio che, prima o poi, capitano e a volte si ripetono. Nei momenti di difficoltà siamo più silenziosi, meno brillanti, e soprattutto sentiamo un po’ di fatica e di oppressione.


Allora proviamo ad analizzare la nostra fase di affaticamento e, a volte, frettolosamente ci autodiagnostichiamo un principio di depressione. Altre volte ci viene diagnosticato.


Nella fretta si può commettere l’errore di non considerare il rapporto tra la bottiglia e la quantità in essa contenuta.


Se sei svuotato, sei una bottiglia da un litro ma ne contieni mezzo, svogliato e apatico guardi nel vuoto senza riuscire a trovare ragioni di azione può darsi che tu sia un po’ depresso.


Se invece avresti cento cose da fare e da dire ma una oppressione di vario genere ti impedisce di agire come vorresti non sei depresso ma compresso: sei una bottiglia da un litro che ne contiene uno e mezzo.


Hai accumulato, sei troppo pieno, non hai potuto sversare sul mondo che ti è vicino quanto avresti voluto.


L’unica cosa che accomuna il depresso con l’oppresso (o, meglio, compresso) è un senso di disagio e di inadeguatezza.


Il sintomo, però, non fa diagnosi.


Il rischio è di fare come quello che si sente un po’ strano e va al bar a prendersi un caffè senza sapere se il suo malessere sia da pressione bassa o troppo alta.


Ciascuno fronteggia come meglio può avversità, disagi, contrattempi e incomprensioni: personalmente so di essere un troppo pieno, una bottiglia soltanto da tre quarti che a volte si trova con un litro e mezzo compresso dentro.



Ci ho messo un bel po’ a capirlo però ora lo so con chiarezza e provo, come meglio posso, a raddrizzare le cose.



A volte reputo giusto fermarmi e pensare, con calma, per non scoppiare e in questo modo raramente mi arrabbio veramente.



Vi assicuro, comunque, che la metafora della bottiglia ha una sua logica e funziona: pensateci.


 Voi che bottiglia siete?




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