marco valenti scrive

marco valenti scrive

6 febbraio 2012

Tre vigilesse



TreVigilEsse
Uno. Sulla solidarietà di quartiere e sul buon comprendere.

Da poco tempo il corpo della Polizia Municipale aveva aperto le porte alle donne in divisa. 

Una mattina sentii un vociare per strada e mi affacciai al balcone per vedere cosa stesse succedendo.
Abitavo una strada breve in una zona abbastanza centrale, parallela ad una arteria di scorrimento che, all’epoca, era interessata da un robusto intervento straordinario comunale: ne derivava il divieto di fermata in un’area prossima alla mia abitazione e, conseguentemente, un massiccio ricorso al parcheggio in doppia fila nella mia via ed in alcune strade prospicienti.
Erano ancora tempi di buon vicinato e di foglietti sul parabrezza con scritto dove fosse possibile rintracciare gli autisti che avevano parcheggiato in doppia fila.
Quando mi affacciai vidi due agenti che, taccuino alla mano, stavano multando in modo meticoloso e seriale tutte le auto in sosta vietata: due solerti vigilesse che in un quarto d’ora avrebbero potuto contribuire a sanare il bilancio del Comune. 

L’alterco era tra le due agenti e una signora affacciata ad una finestra di un primo piano, di fronte al mio palazzo.
“Signora: stiamo facendo il nostro lavoro!”.
“Non me ne frega niente! Qua non si trova un posto manco a pagarlo e ci conosciamo tutti: ve ne dovete andare!”.
“Sono tutte auto in contravvenzione!”.
“Non m’ha capito, signorina: se non ve ne andate con le gambe vostre vi mandiamo via con l’ambulanza! E io manco c’ho la macchina!”.
Le vigilesse parlottarono rapidamente tra loro e, senza una parola, se ne andarono. Tutto in un linguaggio vernacolare e molto, ma molto, più colorito.




Due. Sulla bellezza.

Un semaforo difficile, di quelli da governare perché basta una minima distrazione o indisciplina da luce arancione ed è subito ingorgo. A rendere fluido il traffico estivo una vigilessa minuta, mora, con i capelli legati a coda di cavallo, efficiente e decisa per gesti e fischietto. Improvviso, inaspettato, un acquazzone di gocce grosse come bicchieri si abbatte sull’incrocio, a dispetto del cielo che fino a pochi istanti prima era sgombro ed azzurro.
La pioggia bagna la camicia bianca d’ordinanza e traspare un seno generoso, sorretto da un reggiseno scuro, di pizzo, molto bello. La vigilessa perde il ruolo e ora appare una ragazza molto attraente; poco peculiare nel corpo di Polizia municipale ma appropriato alla bella ragazza mora.
Scatta, con il semaforo, un leggero rossore dell’agente che si allontana per ripararsi dalla pioggia e da troppi sguardi incuriositi.




Tre. Sulla gentilezza presunta.

Un tratto di strada che percorro con la mia Vespa, per andare al lavoro, è una trafficata salita in una strada a doppio senso di marcia, con complanare e preferenziale per l’autobus. 

Rimane un’unica corsia di guidatori che aspirano ad arrivare in cima alla salita, dove la strada si allarga e regala un’idea di maggiore rapidità di marcia.
A metà della salita c’è un semaforo che regola un attraversamento pedonale, sempre presidiato da una vigilessa.
Questa agente aiuta i pedoni, quando ci sono, ad attraversare e, una volta che hanno attraversato (o se non ce ne sono) lascia defluire il traffico anche a semaforo rosso, con ampi cenni delle braccia.
A me piace molto.
Anche se so bene che lascia passare con il rosso per decongestionare il traffico che ci preme alle spalle mi piace pensare che sia una sua gentilezza ed un buon augurio per la mia giornata di lavoro.

Nessun commento:

Posta un commento

Costretto al test di verifica dal proliferare di spam. Mi spiace. Spero molto in tanti commenti e spero che, a prescindere dal fatto che non vengano moderati da me, siano di buon gusto e vengano firmati. Buona lettura e buon commento a tutti.