marco valenti scrive

marco valenti scrive

11 luglio 2010

insalata riciclata


Mia nonna paterna Enza, Provvidenza all’anagrafe di Palermo, era nata all’inizio del novecento e, pertanto, aveva vissuto tutte e due le guerre mondiali. Aveva visto negli occhi la fame, durante la seconda grande guerra e le era rimasto il senso del risparmio. Radicato senso del non sprecare nulla, soprattutto (ma non soltanto) quando si parlava di cibo. Grattava il pane vecchio, sbucciava frutta e verdura con parsimonia, inventava ogni cosa pur di non fare immondizia del cibo.

Cercava lo sconto, postulava piccoli arrotondamenti al ribasso sui conti del mercato, riciclava quanto era possibile ed oltre. Il boom economico, la crescita, l’austerity degli anni settanta, le targhe alterne la lasciarono indifferente ed indefessa a difendere il buon senso del risparmio, del senso della misura, del denaro, di ogni piccola cosa. Ogni piccolo gesto per lei contribuiva ad un disegno di logica di consumo sostenibile. Non era calcolatrice e non era avara: sto parlando di buon senso innato.

Mi ha cresciuto e di lei ho preso qualcosa in questo senso. Significa cose totalmente altre rispetto alla tirchieria: mi riferisco ad un buon senso nelle cose piccole, alla logica dei piccoli numeri, al buon comportamento che ci hanno fatto dimenticare, sbagliando o perseguendo un disegno di consumo indotto, in una società che consuma più di quanto le proprie tasche consentirebbero.

Oggi, periodo decisamente di vacche magre, ci vorrebbero centinaia di “nonna Enza” e farebbero meglio di nuovi ecologisti modaioli o di catastrofisti dell’ultima ora.

Mi son trovato a sperimentare una ricetta stupida che mi ha fatto tornare in mente la nonna e quanto ho esposto.

Sarà capitato anche a voi di acquistare insalate miste già preparate al mercato (o al supermercato).

Piccola annotazione, detta tra parentesi: nei supermercati, di fronte alle buste pronte e lavate, non dimenticate di leggere il prezzo al chilo. Potereste scoprire con sorpresa che una rucola o un lattughino, poiché puliti e imbustati, hanno il prezzo del miglior filetto…

Mi scuserete se dico cose ovvie ma, vi assicuro, ho avuto sobbalzi di sorpresa nell’esercitare quanto vi ho detto.

Torniamo a noi. Capita che l’insalata invecchi, che prenda un inizio di bruno che mai si addice al consumo fresco e condito: ho il modo per rimediare e ve lo porgo.

In una padella antiaderente mettete un bicchiere d’acqua, l’insalata “anziana” lavata e mondata del “troppo anziano”, un po’ di cipolla affettata finemente, una manciata generosa di olive nere disossate e lasciate andare. Aggiungete un filo d’olio e coprite per non bruciacchiare ma stufare.

Prima di servire lasciare sciogliere una manciata di ricotta tosta grattata, o di pecorino: il coperchio lo consente in pochissimi istanti di fine cottura.

Uscirà fuori un piatto gustosissimo e tutta la soddisfazione di non aver sprecato.

Un bacio a nonna Enza.

Provateci.

Ci ho bevuto del bianco dei Castelli romani, ho accompagnato con due fette di pane casareccio ed un pezzetto di formaggio saporito: ho fatto pranzo gustosissimo.

2 commenti:

Costretto al test di verifica dal proliferare di spam. Mi spiace. Spero molto in tanti commenti e spero che, a prescindere dal fatto che non vengano moderati da me, siano di buon gusto e vengano firmati. Buona lettura e buon commento a tutti.